Francesco Riccardo Monti, lo scultore che abiurò Cremona


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Cimitero di Cremona,
Monumento
a Bruno Ferrari

La giuria per un monumento
ai Caduti gli preferì a sorpresa Alceo Dossena ...e lui se andò infuriato dall'Italia

Un articolo di
Gianfranco Taglietti


Insipienza di uomini e meschino ossequio all'imbroglio, nella falsa convinzione che sempre esso possa prevalere sulla giustizia, crearono le condizioni per la perdita di un artista che andrà a trovare la fama nelle Filippine. Si era nel 1927. Dopo un periodo tormentato dalle lotte civili, la pace era tornata a favorire opere di fratellanza umana. Il pensiero degli uomini tornava alla Grande guerra e alla vittime, a tutte le vittime, cha essa aveva mietuto in tutti i Paesi d'Europa.
Cremona già nel 1859 era stata città ospedale, (e la piramide tronca nel nostro Cimitero attesta la pietà dei Cremonesi per i soldati francesi qui deceduti nei vari luoghi di ricovero a seguito delle ferite riportate a San Martino e Solferino). Anche negli anni della Grande guerra a Cremona erano morti soldati ungheresi e jugoslavi, nemici quando la armi vomitavano fuoco ma fratelli nella morte.

Appunto in quell'anno il Comitato Pro onoranze ai Prodi Caduti si fece promotore della erezione di "un tumulo per potervi collocare le ossa di 33 jugoslavi, che durante la guerra morirono nella nostra città e sopra il tumulo un monumento a dimostrazione del buon cuore della cittadinanza cremonese verso quei poveri morti che compirono il loro dovere di soldati".
Ovviamente il disegno del monumento doveva essere sottoposto all'esame del Podestà e ad una Commissione competente .
L'epigrafe, dettata, dal mons.prof. Angiolo Monti così diceva: "Onoriamo la memoria dei soldati stranieri riuniti in quest'unica tomba dalla pietà di Cremona e ormai affratellati coi nostri nella maestà della morte nel compianto delle famiglie nella santità del dovere eroicamente compiuto".
Il Podestà, avv. Giovanni Bellini, approva la proposta del Comitato, accetta le 20mila lire raccolte in prevalenza dalle offerte dei cittadini e indice il concorso per l'erezione del monumento fra gli artisti cremonesi residenti o meno a Cremona.
Il ricordo marmoreo deve significare che "dopo la morte non vive ira nemica, ma solo un senso di umanità e carità cristiana". Nomina la Commissione artistica nelle persone del prof Galileo Agnoli presidente, prof. Illemo Camelli, prof. Giuseppe Galeati, avv. Tullo Bellomi.


Furono invitati otto scultori, accettarono in cinque e dei cinque bozzetti presentati due "particolarmente fermarono l'attenzione del Commissari per altezza di concezione e per bontà di esecuzione, quali si rivelano a prima vista anche in un lavoro di primo getto".
Da una lettera del prof. Illemo Camelli al Podestà in data 18 dicembre 1928: "Ill.mo signor Podestà, permetta una dichiarazione circa la scelta del bozzetto pel monumento agli Austro-ungarici. Nella seduta della Commissione.... venne scelto all'unanimità e quasi senza discussione il bozzetto che poi risultò dello scultore Monti. Il bozzetto Dossena venne scartato....."
Lo scultore Monti incontra quella sera il prof. Ugo Gualazzini che, al corrente delle segrete cose, si complimenta con lui per essere risultato vincitore del concorso. Dopo qualche ora, lo strillone che viene con i giornali della sera dalla stazione grida la notizia del giorno : "Lo scultore Dossena vince il concorso per il monumento ...". Il "Corriere della sera" del 16 dicembre reca, infatti, questa notizia :" La giuria nominata dal Podestà per l'esame dei bozzetti presentati al concorso per un monumento ai caduti austriaci e ungheresi morti a Cremona in prigionia, ha prescelto tra i numerosi bozzetti quello di Alceo Dossena...".
Il Monti, letta la notiza sul giornale, che aveva carattere di ufficialità, convinto di una manipolazione ai suoi danni, incontrato sul corso Garibaldi il prof. Agnoli, presidente della Commissione, lo insultò pubblicamente e gli diede uno schiaffo. La sera stessa, senza salutare nessuno, neanche la sua famiglia "per non tormentare maggiormente gli animi delle persone care e per non straziare il mio" lasciò la sua amata città, dove cominciava ad essere apprezzato dalla critica per le sue opere, per non farvi più ritorno, tranne per un breve periodo nel 1930 per terminare alcune opere intraprese e per firmare l'atto di vendita dell'atelier, l'orto dei marmi, e nel 1932 per far fondere a Milano il grande gruppo scultoreo dell'eroe nazionale filippino Bonifacio ora in Caloocan city.
Il risultato di questo pasticcio fu che il monumento non venne eseguito e le 20mila lire furono destinate al fondo erezione del monumento dei Caduti che si stava costruendo.
(Il racconto documentato della vicenda è contenuto ne volume "L'orto dei marmi" della signora Anna Filippicci Bonetti).



Pagina aggiornata alle ore 15:55:50 di Martedì, 29 marzo 2011