Per il “Catalogo delle collezioni del Museo Civico di Cremona” appare il volume dedicato a “L’armadio intarsiato di Giovanni Maria Platina”, pubblicato con il contributo della Banca Popolare di Cremona e presentato dal presidente Mario Maestroni nella splendida sede dell’Istituto in via Cesare Battisti.
Un anno fa l’opera era stata offerta alla visione del pubblico cremonese dopo l’eccezionale, rigoroso ed appassionato restauro di Vincenzo Canuti. Purtroppo l’evento poco tempo dopo fu luttuosamente segnato dalla incredibile, dolorosissima scomparse di questo restauratore che all’opera del Platina aveva dedicato ogni stilla della sua esistenza.
Il volume si deve dunque considerare non soltanto un ulteriore contributo alla conoscenza di un sommo dell’ intero ‘400, ma in qualche misura un omaggio a un artista del nostro tempo; artista chiamo il Canuti, artigiano al massimo livello che ha persino completato l’armadio in un riquadro senza turbare la mano del creatore, il sommo Giovanni Maria Platina autore anche delle tarsie del Duomo di Cremona, altrettanto importanti, ma significativamente diverse come ha rilevato nel corso della presentazione Mauro Lucco, una delle firme del catalogo.
Il tutto nel nuovo volume avviene con apprezzabile umiltà e consapevolezza, e con grande scrupolo.
L’umiltà è giustificata dallo straordinario precedente pubblicato dalla stessa Banca Popolare di Cremona 42 anni fa, l’opera monumentale di Alfredo Puerari, ricordata nella introduzione di Marco Ferretti che richiama il parere di Marco Tanzi su un numero di “Paragone” riguardo alla eccezionalità e completezza dello studio del famoso studioso cremonese, lavoro insuperabile al quale si affianca con pari ammirazione Roberto Longhi, ancora su “Paragone”.
Perché un secondo volume sull’armadio di Giovanni Maria Platina, di proprietà del Capitolo del Duomo e affidato al museo Civico di Cremona?
Perché è bene affermare subito, come fa Mauro Lucco, che siamo di fronte ad un capolavoro assoluto, ineguagliabile, di valore mondiale (peccato che la incapacità alla comunicazione dei cremonesi finisca per confinarlo nell’ambito paurosamente ristretto degli studiosi, mentre meriterebbe la fila di visitatori di un’opera del Mantegna).
Il catalogo aggiusta sulla base di più recenti osservazioni qualche indicazione del Puerari, ad esempio la collocazione nella sagrestia del Duomo. Si aggiungono le ricerche archeometriche di Achille Bonazzi e i documenti di archivio analizzati da Andrea Foglia. Introduce Ivana Jotta, direttrice del sistema museale.
Seguono le splendide fotografie del cremonese Claudio Mazzolari (oltre che di vari archivi), purtroppo tradite dalla pessima riproduzione, oscura e con molte dominanti. La firma del fotografo, incolpevole della scarsa qualità tipografica, è situata quasi obtorto collo nel colophon del catalogo. Eppure chi sa minimamente di fotografia conosce quanto arduo sia realizzare immagini come queste.