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Il 2 ottobre 2010 il Porto di Cremona ha compiuto 50 anni ma tutti se ne sono dimenticati: niente fatti, neppure parole, capiterà così anche per i 55 anni?Alla Università Cattolica si è svolto un convegno dal titolo "Dove va l'industria cremonese". In attesa di apprendere "dove va" 50 anni fa esatti c'era qualcuno che lo sapeva . O che era convinto di saperlo. E lo aveva scritto sulla lapide che ben più smunta di quanto si possa vedere qui sopra (l'abbiamo rinfrescata perché possa essere leggibile) è in calce a una colonna tagliata a metà, il che non è stato certamente di buon auspicio. (Qualche dubbio opportuno e profetico doveva albergare nei promotori della rinascita cremonese guardando ai pargoli che stavano slattandosi nelle culle partitocratiche). Sulla banchina della antica, unica ed emblematica gru prontamente abbattuta, c'è infatti il monumento assolutamente dimenticato che celebra la cerimonia di mezzo secolo fa, quando addirittura il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi fece brillare la prima mina del porto caposaldo di un grande sogno, quello di portare il mare a Milano. Era una Cremona profondamente diversa di quella di oggi, la Cremona che sapeva pensare in grande e cullare adeguati progetti. Non aveva ancora cominciato a vedersela con la sciagura che nel giro di pochi anni si sarebbe abbattuta sull'intero territorio. Ovvero il no, il no a tutto, assoluto, inesorabile di due o trecento agrari sostenuti dal loro giornale. Persino no - rendetevi conto - alla apertura dell'Università di agraria che più per dispiacere che per polmonite portò alla morte De Carolis, grande innovatore del modo agricolo, come oggi Cervi Ciboldi. No all'agraria, ma soprattutto no al proseguimento del canale oltre Pizzighettone, dove ancora oggi, 50 anni dopo, il canale è inesorabilmente fermo. Cinquant'anni di un porto inchiodato a un retroterra inesistente, sul quale fino alla secca prossima ventura, un'altra volta, l'ennesima, facciamo scivolare le speranze di quattro o cinque chiatte che promettono di unire Cremona a Venezia ogni settimana. Sarebbe utile meditare seriamente su tutto questo, anche per rispondere a un titolo ben più impegnativo "dove va Cremona" con una bella cerimonia da organizzare addì 2 ottobre 2010. Ma in realtà tutti se ne sono dimenticati. E si che questo appello lo abbiamo lanciato da mesi. Se lo sono scordati anche quelli che hanno visitato il Po recentemente per promuoverne la navigazione Per questa ragione presentiamo questa foto della colonna dimenticata ed emblematicamente sommersa nelle neve. Rammentando quanto scrisse nel 1996 Giorgio Bocca, con un testo aoggi attualissimo, se si pensa allo stato di abbandono del Grande fiume che emerge a livello nazionale soltanto per le sue sciagure, mentre il governo, altra storia ripetuta fino alla noia, si mangia i milioni stanziati per la rinascita del Po.. Scriveva Bocca 14 anni fa in un commento perfetto dell'inquinamento recente dal Lambro: non si capisce bene per quale involuzione dello sviluppo questa Lombardia che scavava i navigli per cui passavano le merci provenienti da Genova e dall'Adriatico fino alla fossa interna milanese dove si legavano quelli provenienti dall'Europa attraverso i laghi, come mai la Lombardia dei grandi ingegneri idraulici come l'Aristotile Fioravanti ed il Bertola da Novate, non sia capace oggi di collegare il Po a Milano e non possa fare di questo Po cadaverico e puzzolente il fiume della rinascita. Una attualità da rabbrividire per metterla al centro delle celebrazioni che nessuno ha intenzione di fare. Da intitolare : "Dove va il canale". Ospiti d'onore gli agrari cremonesi e cremaschi. |
Ecco un'altra storia tipicamente italiana. Novanta Comuni e tredici Province che si affacciano sul Po varano un piano strategico per il rilancio del Grande Fiume da realizzare entro il 2013. Il Piano viene approvato dalla Autorità di Bacino. Il Cipe ministeriale nel dicembre del 2007 delibera uno stanziamento di 180 milioni di euro suddivisi in 5 linee di azione: 81 milioni volti a migliorare le condizioni di sicurezza, 47 milioni per la integrità ecologica del fiume, 39 milioni per le opportunità culturali e turistiche, 8 milioni per il sistema di governance, 5 milioni per l'assistenza tecnica.
Ebbene i fondi sono stati destinati al sud. Il progetto è morto ancor prima di decollare. Così l'Italia va avanti da sempre su questo Po mortificato. Ben diversamente si comportava l'Austria.L'Italia non ha una sua Maria Teresa d'Austria.
Un maxi finanziamento di 19 milioni e 300mila euro per trasformare il porto di Cremona in uno scalo leader nel trasporto integrato via acqua, gomma e ferrovia. I fondi sono stati erogati dalla Regione Lombardia che, con un consistente appoggio del vice presidente Rosoni, ha dato un esito positivo alle richieste dell’amministrazione provinciale di Cremona.
Il progetto di potenziamento del porto di Cremona prevede la realizzazione di un nuovo terminal intermodale su un’area di 80mila metri quadri attuando una connessione diretta fra vie d’acqua, percorso autostradale e i binari della ferrovia. La linea ferroviaria del porto attualmente viene utilizzata da Katoen Natie e Tamoil e a partire dal 2006 ha visto un notevole incremento. Il progetto include anche notevoli migliorie per le strutture esistenti. Regione Lombardia ha finanziato lo studio per risolvere il problema della scarsità d’acqua nel canale Cremona-Pizzighettone. L’obiettivo è abbattere le spese di gestione dell’idrovia che oggi si serve di pompe per ricevere acqua e alimentare il canale. Un intervento di rilievo interessa la conca di Acquanegra dove saranno sostituti i componenti delle porte che regolano il flusso dell’acqua. A monte della conca si procederà per svuotare il tratto in questione e rimuovere la guaina bituminosa che sarà sostituita con una nuova pavimentazione impermeabilizzata. Tutto questo permetterà di evitare le perdite d’acqua e l’allagamento dei terreni circostanti che hanno dato vita a ricorrenti richieste di indennizzo da parte delle aziende agricole della zona. (Foto di repertorio di Antonio Leoni©)
Due passi concreti che potrebbero portare Cremona a diventare il capolinea interno del trasporto merci via acqua(non vorremmo sbilanciarci di più, il vaso di Pandora del Po da 40 anni al fondo è colmo di delusioni) .
E’ arrivata puntualissima, nel porto di Cremona, la chiatta Jacopo, mossa dallo spintore Mantova, con un carico di 1200 tonnellate di sfarinati destinati dl mangimificio Veronesi di Acquanegra Cremonese. Era partita da Marghera, il carico è quello equivalente al trasporto di 40 Tir.
Il viaggio ha inaugurato una linea di collegamento via fiume fra le due città, che consentirà un servizio di trasporto merci eco sostenibile. Ciascuna delle cinque chiatte armate dalla Fluviomar, una compagnia partecipata dall’Autorità portuale di Venezia, da operatori privati e dalla Provincia di Mantova, infatti, può trasportare fino a 2060 tonnellate di merci, equivalenti a 70 camion. Un collegamento che consentirà, a regime, di eliminare dalla strada circa 16mila Tir all’anno. Il passo successivo sarà quello di attivare una linea di trasporto container, fino a 60 per chiatta, corrispondenti a un treno e mezzo. La Fluviomar annuncia infatti, ed ecco il secondo passo concfreto, che salirano a 4 le chiatte che faranno regoarlmente servizio sul Po da Venezia.
L’intermodalità del nostro territorio è testimoniata dal flusso di merci nell’area portuale di Cremona, passate dalle 600mila tonnellate del 2005 a quasi 1.400.000 del 2008, anche se la crescita è principalmente legata all’incremento dei trasporti su ferro e su gomma.
“Ora Venezia chiama Cremona - ha affermato Torchio - e noi prontamente abbiamo risposto, sia attraverso la rete ferroviaria di collegamento con l’area portuale sia con i servizi, anche in previsione della grande area industriale e logistica di Tencara di Pizzighettone, dove si attesta verso Milano il Canale navigabile, sia del terzo ponte sul Po cui è indispensabile far seguire adeguate strutture logistiche, per togliere traffico dalle strade sempre più congestionate. Il rafforzamento dell’area portuale viene sostenuto dalla realizzazione del nuovo scalo merci ferroviario di Cavatigozzi, che al porto sarà collegato, dai collegamenti dedicati per le aziende Oleificio Zucchi e Acciaieria Arvedi, dal terminal ferroviario già realizzato dalla Tamoil. Vanno però sostenute le aziende che ancora credono nella navigazione, attuare, come più volte hanno sostenuto l’on. Costa e l’assessore Boni, l’infrastrutturazione necessaria al pari dei sistemi europei del Rodano, del Reno e del Danubio, per affrontare le sfide del futuro. L’Expo 2015, infatti, non può fermarsi ai tornelli di Rho-Pero, ma deve coinvolgere l’intero bacino padano-veneto”.
Già oggi vi sono operatori che organizzano il trasporto fluviale. Qual è allora la novità? “Che oggi ha detto Costa si inaugura un servizio generalizzato, non su richiesta per trasporti specifici, ma a disposizione di tutti, del mercato, cui seguirà a breve una linea di trasporto di container. Oggi il trasporto fluviale toglie dalla strada una quota simbolica di traffico. Ma è bastato il solo annuncio di questo nuovo servizio che si è creata una certa domanda. Dal punto di vista del mercato, dunque, è possibile che questo servizio possa svilupparsi per passare dal simbolico al significativo”.
Vari gli interventi degli imprenditori con un leit motiv: occorre però che vengano date le necessarie garanzie agli imprenditori che investono in questo trasporto, e ai clienti che ne usufruiscono, sulla continuità e la convenienza del servizio, a partire dalla navigabilità del fiume, la cui criticità maggiore oggi è fra Cremona e foce Mincio.
Per capire come l'Italia sia fatta, tiriamo fuori un documento.
“Il Po è dichiarato documento Nazionale”, con tanto di N maiuscola. Chi lo dichiara così? La Repubblica Romana con il suo Triumvirato. Le firme sono Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini, Aurellio Saffi.
Siamo a Roma, nel 1849.
di Stefano G. Loffi