Monticelli Ripa d’Oglio, un minuscolo paese addossato alle rive dell’Oglio, parte integrante della parrocchia di Isola Dovarese, nel nord-est della nostra Provincia. Qui sorge, addossata ad un immobile di proprietà delle famiglie Arvedi-Buschini, una chiesetta, fortemente rimaneggiata nei sec. XVIII e XIX, che conserva intatta nella zona absidale la struttura originaria.
Proprio nell’abside è presente un affresco che raffigura la Crocifissione con il Cristo in Croce attorniato a destra dall’Apostolo S. Giovanni, a sinistra dalla Vergine e ai piedi, nell’atto di abbracciare la Croce, Maria Maddalena.
L’affresco versava in gravi condizioni conservative, a motivo di un quadro fessurativo che lo interessava soprattutto verticalmente e per la risalita di umidità che ne pregiudicava la sopravvivenza. La lettura risultava difficoltosa per il sollevamento e la perdita del film pittorico e per alcune ridipinture che non permettevano di coglierne tutta la valenza religiosa ed artistica. Grazie all’interessamento delle sorelle Buschini, signore Luciana e Mirella e dei rispettivi mariti, Cav. Giovanni Arvedi e dott. Marcello Caldonazzo, ne è stato deciso il recupero, affidando al restauratore bergamasco Paolo Bonomi e all’Arch. Fabio Bosio la realizzazione del progetto, approvato dalla Soprintendenza di Brescia.
Il sapiente intervento di restauro, unito all’attenzione per risolvere il problema dell’umidità, ha permesso alcune interessanti scoperte che, unite alla ricerca storica sulla Chiesa, gettano nuova luce sull’importanza di questa realtà. Anzitutto il recupero dell’affresco pienamente conservato quasi integralmente si presenta lacunoso nei lati oggi dimostra la sua straordinaria bellezza, con il viso degli Angeli, in alto, ai lati della Croce, la drammaticità dei volti della Vergine e di S. Giovanni, la bellezza della chioma bionda della Maddalena: tutto fa pensare a Bonifacio Bembo, anche per la data, ripetuta due volte, del 1468, anche se un’interpretazione più corretta verrà data dal prof. Mauro Lucco, probabilmente il maggior esperto della pittura italiana del ‘400.
Al di sotto dell’affresco centrale una scritta recante i nomi di alcuni religiosi, sotto la quale lacerti di affresco che fanno pensare al Natale: Incarnazione e Crocifissione i temi centrali raffigurati in abside.
Poiché durante i lavori, a ponteggio installato, le volte erano a portata di mano, si sono eseguiti alcuni saggi stratigrafici: al di sotto di una recente ridipintura brunastra è comparsa una decorazione che fa riferimento allo stemma dei monaci olivetani, come richiamato anche da una lapide posta sul pavimento, posteriormente all’altare maggiore. È iniziata una ricerca storica che, pur da approfondire, mette in risalto l’importanza di questa chiesa tra il Trecento e il Quattrocento. Infatti dall’archivio degli Olivetani di Monte Olivero Maggiore risulta che anticamente la chiesa era annessa ad un monastero abitato da monache benedettine: l’attuale immobile col grazioso parco degradante verso l’Oglio è da far interagire con l’antico monastero. Successivamente, nel 1487, la pieve di S. Maria così recita l’antica denominazione - , su istanza del Commendario Giovanni Antonio, Vescovo di Alessandria, fu unita al monastero olivetano di S. Giovanni del Deserto in Grontardo (Cremona), da Papa Innocenzo VIII. Ne consegue che le volte e la pavimentazione, che recano lo stemma degli Olivetani, vennero realizzati dopo l’affresco absidale della Crocifissione e del Natale.
Una piccola comunità di monaci olivetani si stabilì a Monticelli solo verso la fine del Cinquecento. Il convento subì diverse situazioni: chiuso nel 1652, venne riaperto nel 1671; venne soppresso definitivamente nel 1773, quando passò alla realtà diocesana cremonese.
L’importanza di queste scoperte va perseguita: sempre grazie al mecenatismo delle famiglie Arvedi Buschini Caldonazzo si inoltrerà alla competente Soprintendenza la richiesta di “riscoprire” anche le volte: con lo studio del prof. Mauro Lucco, un’interpretazione precisa della scritta e le indagini sui materiali che verranno eseguite si tenterà di gettare luce nuova e di approfondire ulteriormente l’importanza anzitutto religiosa, oltre che storico artistica, di questo importante lembo della nostra realtà Diocesana. A tutti i protagonisti, sponsor, restauratori e tecnici, al Parroco don Giulio Brambilla, il più sentito ringraziamento: pur in tempi “magri”, qualche elemento di speranza continua a farsi luce.