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Nave carica di immigrati italiani appena arrivata a Ellis Island, la famigerata isola di New York predisposta per l'arrivo delle cosiddetta "navi di Lazzaro", i piroscafi che dall'Italia, in particolare da Napoli e Genova, portavano le famiglie italiane in cerca di lavoro negli Stati Uniti. La foto è di F.J. Warne, 1913.
Sotto, nella foto a tutta larghezza, i respinti di Ellis Island in attesa della nave di ritorno in Italia.
Erano rifiutati non solo gli elementi pericolosi, ma anche gli affetti da qualche malattia fisica, mentale o da una sia pur modesta menomazione considerati tutti inabili al lavoro. (da E.A.Steiner, 1906).
Nel panorama molto triste dell'Italia e dell'Europa di oggi qualche esempio di solidarietà c'è ancora. Anche a Cremona. Don Antonio Pezzetti della Caritas cremonese dichiara di aver reso disponibili venti posti letto. Ma a quanto pare il Ministero dell'Interno che aveva fatto la richiesta, fino ad oggi non si è fatto mai più vivo. A conferma della improvvisazione che regna nella situazione attuale.
Emigranti sul ponte del piroscafo "Patricia" in navigazione vero New York il 10 dicembre 1906 (foto Edwin Levick). Il termine tonnellata umana serviva per definire sbrigativamente l'entità del carico umano delle navi, chiamate anche la "navi di Lazzaro" con un drammatico rimando evangelico. La gente si accampava sui ponti e quando era costretta dal cattivo tempo a scendere sotto coperta, mancavano la areazione e quasi del tutto l'illuminazione che diventava anche peggiore quando per il mare grosso venivano chiusi i boccaporti. Le navi italiane per emigranti non avevano sala da pranzo, la distribuzione del cibo senza le più elementari norme igieniche era fatta per ranci, cioè gruppi di sei persone. "Accovacciati sulla coperta o lungo le scale col piatto fra le gambe ed il pane tra i denti si mangiava in un totale avvilimento morale" ( T. Rosati - 1908). Il primo salone da pranzo venne installato sul piroscafo Roma nel 1908, molto più tardi di quanto non avessero provveduto i piroscafi stranieri. L'igiene era una delle maggiori preoccupazioni. Sul "Parà " scoppiò una epidemia di morbillo che uccise 34 passeggeri, per la maggior parte bambini, il "Matteo Bruzzo" vagò per tre mesi affondando in mare un numero imprecisato di cadaveri, il "Sirio" andò a picco con tutto il suo carico umano di donne, bambini e poveretti che avevano negli occhi la luce della speranza in un avvenire migliore.
Uno straordinario documento, il passaporto di un emigrante del 1886. Con simili passaporti, valevoli per un anno, emigrarono milioni di italiani. Come tutti i documenti, anche il passaporto veniva a costare una cifra altissima. 2 lire che dopo il 1901 salirono a 8.
Con questi soldi il governo si riprometteva di costruire ricoveri per accompagnare la partenza degli emigranti e annunciava di intervenire nella assistenza e tutela degli italiani all'estero.
Ma come capita anche oggi in questo Paese, degli uni e degli altri ci si accontentò di discutere, senza far seguire alla demagogia delle parole i provvedimenti concreti. Le statistiche degli emigranti che abbiamo presenato sopra sono ottenute dal numero di passaporti rilasciati dai Prefetti, poi dalla cifra dei passeggeri di terza classe che "emigravano in disagiate condizioni economiche", il numero dei clandestini non potè mai essere accertato, dunque la cifra di tredici milioni e mezzo di emigrati italiani è largamento al disotto della realtà.
"L'emigrazione fu una enorme lotteria, in cui alcuni riuscivano, altri vivacchiavano, altri soccombevano, rispetto alle attese e speranze di chi partiva - scrive A.Sauvy - era sempre un'emigrazione illusoria".
Le angherie e le violenze che subirono gli italiani innocenti e lavoratori sono testimoniate da questa canzone che Il Vascello ha recuperato dai suoi archivi. Ma evidentemente il ricordo di quanto hanno sofferto i nostri padri non vale ad ammonire verso la pietà molti italiani di oggi sui quali speculano orrendamente alcune forze politiche, ben ammaestrati da una idea cololonialistica del globalismo e dalla certezza che la furbizia e l'egoismo possono proteggere l'umanità ma soprattutto noi stessi, il nostro presente (ai figli penseranno altri..) dal disastro che si sta invece drammaticamente profilando.
L'Italia ed anche Cremona furono terre di accoglienza. Ecco nella foto a colori sopra la incredibile testimonianza ancora persistente un anno fa (e forse ancora oggi) del ruolo che rivestì la città nel dopoguerra: Questa immagine e molte altre appaiono nel servizio di Antonio Leoni sul Monastero del Corpus Domini oggi.
La Casema Lamarmora e le altre caserme austrungariche ex monasteri (ad esclusione del monastero di San Salvatore del Mondo e della attuale caserma Manfredini, ex monastero dell'Annunciata ) ospitarono migliaia di profughi, principalmente i giuliano dalmati in fuga dalle loro terre insanguinate dalla ferocia dei partigiani di Tito. Con gli esuli italianissimi arrivarono sotto il Torrazzo anche profughi di altre nazionalità, in particolare un consistente manipolo di ebrei che tornava dai campi di concentramento nazisti e che furono ospitati al monastero del Corpus Domini, oggi in parte ristrutturato, eppure abbandonato a se stesso dalla cancellazione del Parco dei monasteri, dunque destinato dalla GiuntaPerri alla avventura speculativa.
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