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La precipitosa corsa a distruggere ogni elemento della Casa dell'Ortolano della quale è rimasto in piedi pressochè nulla, non è però riuscita a cancellare tutto. Ecco il tratto di muro forse non eliminabile che parla disperatamente del presente e della insensibilità dell'uomo e nel contempo rivela il suo passato.
Un camino di antica foggia, gli archi e gli archetti, i resti delle volte che si notano alla base per quanto è consentito vedere al difuori del velo di cinta rigorosamente impenetrabile, giustificano ciò che ha sempre chiesto con garbo il comitato per il percorso manzoniano. Ovvero poter esaminare con accuratezza scientifica la Casa, senza discutere i diritti dell'impresa. (Ecco, a destra l'affresco di Boccaccio Boccaccino, del 1514, che descrive nel Duomo di Cremona la natività della Vergine Maria, si noti l'analogia stilistica con il camino della Casa dell'Ortolano).
Invece di affrontare questa richiesta, quando se ne è profilata l'eventualità l'impresa Persico ha raso al suolo con furia il fabbricato che molte testimonianze di ogni tipo, letterario, storico, urbanistico, toponomastico ( via Mantova si chiamava via dei Cappuccini e via Cappuccini resta l'arteria laterale) individuava come il rifugio di uno straordinario , centrale personaggio dei Promessi Sposi, padre Cristoforo, ovvero il nobile di alto lignaggio Lodovico Picenardi passato al convento per il pentimento di aver ucciso un uomo nei pressi del suo palazzo, ben conosciuto dal letterato milanese che qui aveva frequentemente passato le sue ore cremonesi.
Si è già parlato ampiamente di questo passato che il Comitato Manzoniano cremonese vuole restituire alla città, percorrendo tutte le tracce del forte richiamo locale al capolavoro di Alessandro Manzoni,. Quest'ultima fotografia del cantiere distruttivo scattata nell'accaldata mattina di giugno, porta un ulteriore tassello a un impegno che purtroppo non viene accompagnato con altrettanta disponibilità, anzi sin qui con disinteresse reale, dal sindaco di Cremona. (Testo e foto di Antonio Leoni © - 2016).
Giovedì 16 giugno, ore 14.30 - Foto di Antonio Leoni ©
Come si presentava il complesso prima della demolizione massiccia del 16 giugno 2016
Hanno demolito pietra su pietra l'ultima testimonianza cremonese del secolare convento dei Cappuccini di che destò l'attenzione di Alessandro Manzoni il quale nei Promessi Sposi ha descritto come una grande figura, Padre Cristoforo, di origine cremonese.
Chissà se potrò ancora dichiararsi dopo quel che è avvenuto con una vertinosa velocità all'angolo di via Mantova e via Cappuccini (toh!) il presidente della Commissione Paesaggio Massimo Terzi che si si era dichiarato "soddisfatto" delle conclusioni alle quali si era giunti dopo una lunghissima riunione. Eppure le conclusioni restrittive della commissione erano tre:
a) le parti non pericolanti dovranno essere recuperate secondo l'esistente, mentre necessariamente potranno essere abbattute le parti pericolanti e non più salvabili, il recupero dovrà avvenire con gli stessi materiali dell'esistente:, i mattoni, le capriate in legno e le coperture dei tetti in coppi.
b)dovrà essere richiamato in modo molto evidente sull'ingresso (che sarà collocato posteriormente) il collegamento storico -letterario della costruzione per esempio con una grande lapide che riporti la riproduzione della carta settecentesca con il richiamo dell'antico convento cappuccino e l'avvertenza ai documenti storico letterari nei quali spicca ovviamente l'opera di Alessandro Manzoni e la figura di Padre Cristoforo e magari anche con la segnalazione dell'inizio del percorso manzoniano in città, sostenuto dal comitato cittadino costituitosi appositamente.
c) non è da sottovalutare l'importanza di questa costruzione in quanto luogo simbolo dell'espansione urbana della città a nord.
Sarebbe stato valutato in Commissione anche il problema effettivo del traffico all'incrocio tra via Mantova e via Cappuccini. La soluzione del problema viario dovrà essere raggiunta restando fermi, anche per quanto riguarda la prevista pista ciclabile, i perimetri della antica costruzione , di proprietà privata e sottoposta alla Commissione dallo Studio Persico.
Purtroppo si sono avverati il 16 giugno 2016 i i disastri temuti e qui riportati: Il primo e il più grave è che lo studio Persico demolisca tutto, salve qualche muretto di salvaguardia verso gli stabili adiacenti, interpretando molto, molto alla larga il concetto del salvataggio delle parti di fabbricato ancora fruibili. Dunque che la fisionomia dell'edificio sia contraffatta totalmente con una nuova costruzione, neppure utilizzando i mattoni originali della attuale.
In secondo luogo che si proceda ad una completa intonacatura per coprire ( un autentico misfatto) mattoni nuovi incerottati, richiamando il fatto che si sarebbe trovata qualche traccia di intonaco. Qui occorrerebbe molta attenzione da parte degli organi comunali.
In terzo luogo lo scempio sarebbe anche che venissero confermate le orrende finestre di progetto che snaturano la fisionomia, l'indole storica e la visualità che ha sin qui mantenuto la Casa dell'Ortolano. Ci mancherebbe - ma è un nostro auspicio, purtroppo venato da profondo pessimismo, visto tanti precedenti - che l'ufficio tecnico comunale guidato dall'architetto Massardotti e magari anche il Sindaco Galimberti interpretassero in modo niente affatto stringente, anzi allargandole all'infinito le disposizioni della Commissione Paesaggio che conoscendo bene l'architetto Massimo Terzi presidente, si ispirano certamente a concetti di salvaguardia, non di distruzione. Il dovrebbe indurre lo stesso Terzi per sua tranquillità e per reclamare che sia rispettato il senso deile raccomandazioni che accompagnano il passaggio del progetto in Commissione, a ad esigere - come si scrive nell'intervento qui sotto esposto - rilievi "eseguiti con tecniche congrue allo stato dell'edificio stesso (non approssimativi, ma rilievi dettagliati), e studi archeometrici indispensabili per la datazione e conseguentemente per "leggere" l'architettura e saperla conservare in modo congruo".
Certo, lascia molto perplessi che un architetto possa oggi credere di poter tranquillamente ignorare un vero e proprio moto di opinione, lui configurandosi come un altro cementificatore della città. Ma anche a questo proposito, non mancano i precedenti.
Dio ci salvi da tutti quei cremonesi che non amano la loro città: gli esempi sono innumerevoli e ben conosciuti.
ALTRI INTERVENTI :"Concordo con quanto affermato dalla lettera firmata e aggiungo:E' utile ricordare che:
Queste sono considerazioni ovvie. Tutto il resto è un vacuo dire che è estraneo alla professione dell'architetto.
Credo che la richiesta di un rilievo, cui si è fatto riferimento, sia l'unico strumento idoneo a definire, senza pregiudizi, quanto il tempo ci ha consegnato. Non dimentichiamo però che l'edificio è testimonianza di un "saper fare" costruttivo cui è doveroso porre attenzione. Al contempo è testimone di storia e di cultura. Si deve evitare di essere cittadini senza memoria. Essere senza memoria comporta essere persone senza identità. L'amnesia purtroppo serve a chi non vuole vedere ed è altrettanto utile per far dimenticare le lacerazioni, gli strappi, gli insulti di cui la nostra Città è stata oggetto dall'unificazione d'Italia (iniziando dalla demolizione del complesso di San Domenico) ad oggi. In questo caso è meglio dimenticare per non alimentare un disprezzo verso chi ciecamente è stato maestro di piccone e ruspa.
Ma intanto Il Vascello continua a raccogliere documenti, che di volta in volta appaiono sempre più inoppugnabili. (A.M.)
Che diranno adesso le resistenze di convenienza giunte persino all'insulto?La Casa dell'Ortolano al limite degli orti cappuccini e dell'attuale via Mantova |
La nuova famiglia francescana dei Cappuccini venne a Cremona nel 1566, poco dopo aver ricevuto la canonica approvazione della S. Sede.
Poco lontano dalla Porta Bresciana (oggi Porta Venezia) esisteva da tempo antico una chiesuola appartenente ai Monaci Benedettini, i quali vi avevano istituito un Priorato chiamato dei Santi XII Apostoli. Qui appunto vennero ad abitare i detti Padri.
Ma essendo la chiesetta quasi diroccata i nobili e il popolo di Cremona gareggiarono in offerte. Sorse il Convento e fu riedificata la chiesa che lo stesso Cardinale Vescovo Sfondrati, prima di salire al soglio pontificio, consacrò nel 1566 padre G Felice (Casati), l'eroe della peste manzoniana. .
Nel 1611 il P. Fra Fedele cappuccino istituì una farmacia per i poveri. Detta farmacia fu chiamata col nome di «Santa Corona Serafica», ed era posta vicino alla chiesa di S. Vincenzo. Tre nobili della città venivano eletti in gennaio perché amministrassero tale istituzione.
Nel 1630, anno luttuoso anche per Cremona, infieriva terribilmente la peste nelle contrade lombarde. Le cronache della città sono concordi nel tracciarne il quadro raccapricciante e nel dichiarare che i Padri Cappuccini nell'assistenza agli infermi furono sublimi. Del convento fu padre guardiano nel '600 padre Felice (Casati) l'eroe della peste manzoniana.
Nel secolo XVII le guerre vennero di nuovo a sconvolgere il territorio cremonese.
Le truppe francesi nel 1648 tennero assediata Cremona ben 83 giorni ed il Convento dei SS. Dodici Apostoli, data la sua ubicazione, era, come si esprime uno storico, tra due fuochi!
Più tardi, nel 1655, decretata la fondazione di nuove fortificazioni alle mura della città, furono abbattuti i borghi fuori dalle mura da Porta Bresciana ed i Cappuccini furono per un momento trepidanti, ma alla fine il loro convento fu per allora risparmiato.
Non fu risparmiato però durante la guerra per la successione di Spagna. Nel 1705 per ordine del governatore francese di Milano, il governatore di Cremona concesse tre giorni di tempo ai Cappuccini per sgombrare il Convento, che fu subito dopo abbattuto col pretesto che avrebbe potuto giovare all'armata imperiale guidata da Eugenio di Savoia. A ricordare l'antico asceterio è rimasta la via intitolata al cappuccino immortalato dal Manzoni: «Via Padre Cristoforo Cappuccino», ora «Via Mantova». (Il Manzoni per questo personaggio si é ispirato ad un certo fra Cristoforo, Giovanni de Picenardi, nobile cremonese, vissuto e morto nel lazzaretto di Milano durante la peste da lui descritta. La città di Cremona, in questi ultimi anni, nell'urbanizzare la zona della vecchia carboniera ha tenuto presente di questa presenza intitolando la via che collega la Via Mantova con la zona della parrocchia di S. Francesco, «Via Cappuccini».)
In tale occasione la cittadinanza andò a gara per aiutare i poveri frati. Alcuni religiosi passarono ad altri conventi della Provincia, ma sei di loro rimasero in città alloggiati per un anno dal Conte di S. Secondo poi dall'Arcidiacono De Cesaris.
In seguito iniziarono a costruirsi una nuova sede e sotto la guida del P. Angelo Felice da Milano con la cooperazione di altri Padri, che nel secolo avevano esercitato l'arte muraria, il 18 ottobre del 1709 fu possibile insediarvi la regolare Comunità. Il Convento conservò la sua importanza: ospitò lo studio teologico e in seguito lo studio liceale filosofico
Ma la pace e la tranquillità in questo convento non durò che un secolo perché l'infausta soppressione napoleonica (1810) privò la città dell'opera evangelica anche dei Cappuccini. Ma questi non abbandonarono. E solo il 10 ottobre 1881 si trasferirono nel nuovo convento di via Brescia.
Dallo stradario di Gianfranco Taglietti altre notizie:
Cremona appare nell'opera manzoniana: nella tragedia: «Adelchi» compare un Ervigo, conte di Cremona, longobardo; ne «Il conte di Carmagnola», il Duca, nel 143]. comandante in capo delle forze armate veneziane in guerra con i Milanesi, a causa della avversa sorte bellica e in particolare, della mancata conquista di Cremona da parte di Guglielmo Cavalcobò, uno dei suoi condottieri fu ritenuto colpevole di tradimento e decapitato nella «piazzetta» del palazzo ducale di Venezia.
Nella biografia manzoniana viene citato anche che Alessandro Manzoni nel luglio del 1804, di ritorno da Venezia arrivò a Cremona e vi si trattenne per il breve tempo occorrente per recarsi a casa Crotti (ora palazzo Crotti-Codati) per far visita ad un compagno di collegio, che non trovò e a cui lasciò un affettuoso biglietto.
Venendo all'aneddotico, si sa che un cremonese, due volte vedovo, tale signor Germani, si propose per marito, o mezzo lettera, ad una delle figlie del Manzoni, Cristina. Il desiderio matrimoniale del bisvedovo non venne però esaudito.
Infine la rievocazione del tributo di partecipazione offerto da Cremona alla notizia della morte del Poeta. Telegrammi di condoglianze furono spediti giovedì 22 maggio ]873 dal sindaco Tavolotti e dal presidente della Deputazione provinciale. Una rappresentanza abbastanza numerosa partecipò alle solenni esequie funebri del 29 maggio.
La domenica successiva ai funerali, al teatro Filodrammatici si tenne una commemorazione con un discorso del prof. Lucchi, e con la recitazione di un'ode dell'avv. Reggiani, di un'elegia dell'avv. Ratti, mentre la signorina Cipelletti decIamò «La morte di Ermengarda» dall'Adeichi. Altre commemorazioni si tennero iella settimana seguente in varie sedi culturali.
Ricordiamo, per ultimo, che il nostro Amilcare Ponchielli compose una «Marcia funebre» per i funerali di A. Manzoni e che anche a Cremona vennero raccolte offerte in denaro per il monumento a lui dedicato da erigersi a Milano.
fotografia e testo di Antonio Leoni
Dopo la religiosità popolare verso la Madonna che a Isola Provaglio ad ogni Ferragosto benedisce il Po gettando una corona di fiori dove la tradizione vuole che nel '700 vi fosse la chiesetta spazzata via della piena, ecco - più intima, raccolta e densa di storia e di preghiere secolari - la celebrazione in S. Abbondio della incoronazione della Madonna Lauretana, ricordo del solenne evento avvenuto il 17 agosto 1732, officiante il Vescovo Litta.
E' la ragione per cui,ogni 17 agosto , I fedeli l'un dietro l'altro van per via, cercando di sfuggire alla calura del pomeriggio incredibilmente torrido. E si riuniscono a recitare il rosario nel santuario, tra i mattoni anneriti dal fumo, una cornice spoglia eppure solenne per la statua della Madonna Nera che splende al centro, oltre la grata, nel tripudio delle dorature e dei cuori d'argento degli ex voto, miracoli e protezioni testimoniati anche con oggetti semplici ed espliciti come le stampelle che erano appese alle pareti.
Contro il flagello della peste diffusissimo nel cremonese il culto di San Sebastiano, (pure patrono dei vigili) e di S. Roccodi CARLO PEDRETTIParlare di S. Sebastiano vuol dire ricordare anche un culto molto diffuso nel cremonese. Quasi tutte le notizie su san Sebastiano martire sono state tramandate dall'arcivescovo di Milano, sant'Ambrogio, il quale in un discorso afferma che era oriundo milanese e che perì nella persecuzione dell'imperatore Diocleziano. SCHEDA ARTISTICA - Vastissimo il patrimonio artistico che colleziona opere insigni, dal secolo quinto ad oggi: "L'iconografia di san Sebastiano incomincia dall'arte musiva romana e si proietta versa l'arte gotica italiana, la rinascimentale che lo raffigura in tre principali generi:la scena del martirio, il santo da solo a carattere statuario, le "sacre conversazioni mariane"in cui il martire viene raffigurato con altri santi. Alcuni esempi. Primo genere: gli affreschi di Vincenzo Foppa, di Benozzo Gozzoli, il pannello di Antonio e Pietro Pollaiolo, di Luca Signorelli. Suggestivi i vari capolavori dell'arte gotica in alcune città europee. Secondo genere:l'arte italiana tra il 1450 e il 1550 privilegia in modo particolare il gusto della Rinascenza per la bellezza fisica, inquadrando la figura del santo martire esaltando il virtuosiso anatomico. In proposito Cremona possiede una straordinaria testimonianza. Il terzo genere: san Sebastiano raffigurato in gruppo con altri santi, uomini e donne, schierati ai lati del trono mariano in sacre conversazioni. SCHEDA CULTURALE -La figura del santo martire è spesso abbinata nei vari calendari liturgici a quella dell'inseparabile san Fabiano (20 gennaio) papa e martire, contemporaneo dell'imperatore Decio, il quale, secondo la testimonianza di san Cipriano, "avrebbe preferito vedere un competitore nell'impero piuttosto che un vescovo a Roma". E' liturgicamente venerato nella stessa data, il 20 gennaio. SCHEDA POPOLARE. Suggestiva è la costante rilettura dell'ultimo volume di Paolo Ascagni e di Francesca Rizzi, San Rocco a Cremona, Storia di un secolare legame tra luoghi, arte e tradizioni popolari (Cremona 2009) in cui sono ampiamente illustrati i legami dei due santi come protettori nell'immane tragedia della peste del 1630, "quando la città passò dai 37 mila abitanti del 1627 ai 16 mila del 1630". Eloquente è l'affresco della parrocchiale di Binanuova: ambedue i santi presentano ai devoti lo stigma del loro martirio: san Rocco la piaga inguinale, san Sebastiano (vedi la riproduzione ) le ferite in tutto il corpo causate dalla frecce lanciate dai commilitoni. Parlante è anche l'affresco trasportato su tela di Bernardino Gatti detto il Soiaro, La Madonna in trono con i santi Sebastiano e Rocco. Stupendi gli affreschi conservati nella chiesa sussidiaria della SS.Trinità con chiare indicazioni onomastiche. SCHEDA ECCLESIASTICA. Questa sigizia di un comune patronato ha suggerito alla pietà popolare una sola chiesa cittadina, San Sebastiano, edificata in epoca antica, poi demolita; riedificata in un passato prossimo (1741-49); trasformata in chiesa sussidiaria della parrocchia di San Sigismondo. Ritornata ad essere parrocchia autonoma nel 1889. Nel suo interno è visibile un quadro di Galeazzo Campi, La Madonna col Bambino tra san Rocco e san Sebastiano(1518). "Per quel che riguarda le raffigurazioni artistiche di San Rocco in Cremona ,dobbiamo rilevare chel'accoppiata con san Sebastiano è talmente frequente da costituire praticamente la regola. Questo abbinamento è davvero 'classico' in città, abbastanza diffuso nel cremonese" : da Casalmaggiore a Gabbioneta-Binanuova, da Persico- Dosimo, a Scandolara Ravara. San Sebastiano è compatrono del borgo abduanodi Gera di Pizzighettone. Interessante il testo della visita pastorale del vescovo Antonio Novasconi, in cui si descrive anche l'interno della chiesa sussidiaria dedicata alla Madonna di Loreto:un altare laterale è per i santi Fabiano e Sebastiano: "Questa chiesa è mantenuta dalla Fabbriceria locale e officiata tre volte all'anno: una è nel giorno 20 gennaio, in onore dei santi Fabiano e Sebastiano: la pala raffigura i due santi Sebastiano e Rocco in preghiera ai lati della Madonna"(1858). Date di luce celeste, nella nebbia di anni rischiosi. |
Val davvero la pena di entrare nel museo dello splendido complesso monumentale di S. Abbondio e osservare alle pareti l'eccezionale collezione degli ex voto, esempio straordinario di cronaca col pennello (si osservi a destra).
Nel museo, anche questo 17 di agosto è rimasta, custodita e inviolabile, la meravigliosa, ricchissima corona della Madonna Nera.
Si giustifica il sagrestano per la mancata esposizione nel santuario: "Un chilo e mezzo d'oro ricoperto di gemme farebbe troppo gola a qualche malfidato". (extracomunitario, per lui, la Lega arriva anche qui...; manolunga furfante di qualsiasi razza per qualche altro).
Nel santuario, la corona è quella di .... riserva, splendida copia di più modesto metallo, ma altrettanto fine capolavoro artigiano.
Sono andate disperse le due corone seicentesche, la corona in oro fu donata dal Capitolo Vaticano nel 1732 in occasione delle celebrazioni del centenario della Santa Casa.
Quanto alla statua seicentesca della Madonna, non veste più i panni sontuosi in seta e in broccato. Ricorda la compianta Luisa Bandera che nel 1889 per ottemperare alle disposizioni del Vescovo Geremia Bonomelli secondo le quali ""neque vestibus cooperiantur, sed fabrili aut fictili opere conficiantur", la statua fu coperta da uno strato di gesso modellato in modo da simulare una veste panneggiata e il drappo che la cinge.
L'impresa della Santa Casa si deve al giureconsulto Gian Pietro Ala che devotissimo, per molti anni, della Casa di Loreto, invecchiando pensò di farsela a Cremona. Due padri riportarono da Loreto i disegni "per potere operare il tutto con somiglianza... il che fatto, il giorno primo di marzo del 1624 si cominciò a cavare i fondamenti", nell'area del cimitero contiguo alla chiesa di S. Abbondio.
"La statua della Beatissima Vergine, fu fatta anch'ella a somiglianza di quella di Loreto, scolpita da un eccellente scultore" e dipinta da un artista che non aveva peraltro mai visto l'originale e che finì , primo miracolo della Vergine, con l'avvicinarsi alla Madonna di Loreto cancellando via via il suo lavoro fino "allo stato che al presente si ritrova, che causa non so che del divino in quel santo volto, e fa restare commosso chiunque la mira". Fu benedetta dal cardinale Pietro Campori, Vescovo di Cremona.
Nel 1625 Il Consiglio Generale decretò che Cremona fosse posta sotto la protezione della Vergine Lauretana di S. Abbondio.
Gian Pietro Ala morì di peste nel 1634: aveva istituito la "Santa Casa" - riferisce don Andrea Foglia - erede di gran parte delle sue sostanze".
La prima incoronazione della statua avvenne nel 1634, ma seguì la ben più importante cerimonia del 17 agosto 1732 (da qui la celebrazione attuale) quando il capitolo del Vaticano la incluse tra le Madonne riconosciute come "coronate". Altri tempi, Cremona aveva ancora qualche influenza nei Sacri Palazzi.
L'evento memorabile, rimasto a lungo nella memoria storica di generazioni di cremonesi, avvenne nel 1630 quando, infuriando la peste, l'effige della B.V Lauretana il 30 maggio venne portata per le vie della città in una grande processione propiziatrice . Le chiesero la liberazione dal "cholera morbus". Quando finalmente, sia pure qualche anno dopo, il flagello abbandonò definitivamente la città, vi fu chi ne attribuì il merito alla Madonna Nera.
Una devozione che, pur tra alti e bassi, giunge sino ad oggi. Così hanno testimoniato le cerimonie di questo infuocato lunedì.