Riccardo Groppali - Università di Pavia
Esclusivi della media Pianura Padana, alcuni corpi idrici di forma tondeggiante accompagnano il corso del Po e del tratto finale d’alcuni dei suoi maggiori affluenti. Sono denominati in vario modo nei dialetti locali: buri nel pavese, bugni nel mantovano, gorghi nel veneto e bodri nel piacentino e nel cremonese, e la loro origine è la stessa. Sono stati scavati durante le piene più violente nei punti di rottura d’un argine, quando per un breve periodo l’acqua scava nel suolo come un enorme potentissimo succhiello, stretta ai lati dai resti arginali che hanno resistito. Se lo scavo raggiunge una profondità sufficiente, dal fondo emerge l’acqua della falda: il bodri è nato e può durare per secoli, se l’apporto idrico sotterraneo mantiene il suo livello e se l’uomo non decide di colmare questa nuova cavità. Infatti nel Catasto Teresiano del 1723 sulla sagoma d’alcuni bodri di Stagno Lombardo viene riportato scavatione del Po fatasi sorgente, per ricordarne l’origine e l’alimentazione idrica.
Ovvio quindi che la golena cremonese sia un territorio costellato di bodri, che insieme a lanche e morte testimoniano degli spostamenti del Po e delle rotture delle difese realizzate dall’uomo per conquistare la bassa pianura. Altrettanto ovvio che molti bodri venissero eliminati per ricavare nuovi spazi coltivabili, nonché a volte per far scomparire rapidamente residui vari: presso Stagno Lombardo addirittura tutte le file di sedie d’un cinema abbandonato, poi coperte di terra livellata in contiguità con i campi intorno. Se azioni simili sono ormai sempre più limitate, ma purtroppo non assenti, i bodri devono affrontare due gravi problemi: l’abbassamento della falda superficiale che li alimenta e la sua contaminazione forte e progressiva, particolarmente pesante in quanto in essi manca ogni ricambio idrico.
La situazione attuale quindi è di profonda crisi: così nel 1889 i bodri cartografati nel territorio cremonese erano 127, e nel recente censimento completo eseguito personalmente nell’inverno 2016 ne erano rimasti 62. In poco meno di 130 anni la loro quantità si è praticamente dimezzata. Ma non solo: in circa un terzo dei bodri che non sono stati eliminati l’acqua è risultata assente oppure con una profondità minima, perdendo così la loro caratteristica più importante. Per non parlare della qualità dell’acqua, molto spesso pessima per l’eccesso di sostanze fertilizzanti che vi finiscono, direttamente dalla falda superficiale contaminata o trascinate dalle piogge che dilavano i campi circostanti. Così dalla limpidezza originaria si è passati ad acque torbide e verdastre, inadatte alla vita degli organismi più esigenti che un tempo popolavano gran parte dei bodri. Come ben ricorda chi ha avuto la fortuna di frequentarli anni fa.
Per ridurre almeno la contaminazione causata dai fertilizzanti in eccesso veicolati dalle piogge potrebbe costituire una barriera efficace una corona vegetale sufficientemente ricca e fitta lungo le sponde, a formare un’adeguata fascia-tampone. Questa però - sempre dai dati dell’indagine 2016 - è assente o molto rada in oltre un terzo dei bodri rimasti.
Inoltre la frequentissima presenza d’alberi morti lungo le sponde o caduti in acqua - dove si decompongono sottraendo ossigeno - lungo gran parte delle rive offre una chiara testimonianza della perdita di qualsiasi interesse per una gestione - anche produttiva - della vegetazione legnosa nella campagna attuale. Per lo stesso motivo nel Parco Cremonese del Po (ampio 2.430 ettari e situato tra città e fiume) tra 1980 e 2016 sono stati eliminati per oltre l’80% le siepi e i filari d’alberi ai margini dei campi, diventati sempre più ampi e assolutamente monotoni. Questo nonostante i più che generosi incentivi comunitari finalizzati a restituire alla campagna questa parte fondamentale della sua biodiversità. Incentivi invece saggiamente utilizzati da Agropolis per dotare - senza alcuna spesa - i campi dell’azienda Marasco Basso (presso Cavatigozzi di Cremona) d’alberi e arbusti lungo i margini di tutti i campi.
Comunque, anche se praticamente non gestiti, in via di progressivo ulteriore degrado e minacciati in parte di scomparire, i bodri sono ancor oggi elementi d’estrema importanza nella storia naturale del paesaggio golenale padano e nella sua ecologia. Alcuni - quelli meglio conservati - mantengono ancora una grande ricchezza di flora e di fauna, che i coltivi che li circondano non ospitano più da tempo e in parte non possono comunque ospitare. È infatti la presenza costante dell’acqua che offre a numerose specie la possibilità di vivere: si tratta di quelle vincolate - come i pesci - ai siti nei quali sono finite in passato a opera del fiume, e di quelle in grado di spostarsi da un corpo idrico all’altro, per colonizzare nuove aree o per abbandonare quelle diventate inadatte. Attraversando però territori completamente ostili come la campagna a coltivazione intensiva, considerando che quasi l’80% dei bodri rimasti è completamente isolato tra i campi che lo circondano, senza neppure una fila d’alberi o arbusti che lo collega ad altri elementi simili.
Il ruolo fondamentale di questi corpi idrici, gli unici ormai presenti in spazi d’enorme estensione completamente privi d’acqua, è che vengono utilizzati per abbeverarsi da tutti gli animali terrestri e per la pulizia del piumaggio degli uccelli, che sono fondamentali per la riproduzione degli anfibi, che lungo le sponde con terreno soffice anche nei periodi siccitosi possono essere trovate piccole prede o fango per realizzare i nidi d’alcune specie, che vi sono abbondanti gli insetti-preda che si sviluppano nell’acqua e nei suoi dintorni, e che la vegetazione riparia è differente da quella dei campi circostanti, con fiori per gli impollinatori, semi per i granivori e frutti per i frugivori. Questa ricca fauna di piccole dimensioni attira poi i suoi predatori, a comporre un quadro ecologico di complessità e varietà infinitamente superiori rispetto alla campagna circostante.
Le minacce che incombono sulla conservazione di bodri non hanno però soltanto forti ricadute ecologiche, ma vanno anche a incidere su un importante patrimonio storico e culturale. Infatti i bodri originati prima del 1723 e ancora attivi costituiscono oltre il 40% di quelli oggi presenti nella provincia di Cremona. Monumenti costruiti dall’uomo che hanno la medesima età, circa 400 anni, godono di ben altra considerazione, anche se è vero che la quasi totalità dei bodri è sottoposta ad almeno un vincolo: ad esempio quello paesaggistico è stato imposto all’80% di quelli in provincia di Cremona e numerosi sono inclusi in riserve naturali o in altri ambiti soggetti a differenti forme di tutela. In tutta evidenza però inefficaci a conservarne l’equilibrio.
Per affrontare questo tema nel prossimo mese di giugno sono previste varie iniziative, promosse dal Comune di Stagno Lombardo e I Rotary per il Po, con la preziosa collaborazione del Museo di Storia Naturale del Comune di Cremona, aperte al pubblico. Perché conoscere è presupposto indispensabile e base reale per proteggere in modo efficace il patrimonio naturale che abbiamo il dovere di lasciare in buone condizioni per le generazioni che seguiranno alla nostra. Anche magari con alcune ricadute per le economie locali, soprattutto nel campo del turismo rispettoso, del quale il progetto VenTo (la ciclabile che collega Venezia a Torino) è buon esempio: un percorso ricco d’elementi naturali pregiati, proprio come i bodri che costellano la golena del Po altrimenti molto monotona, è sicuramente più attrattivo per i turisti rispetto a una distesa infinita d’enormi campi senza alcuna soluzione di continuità.
Le fotografie sono di Cesare Castellani ©