Questa è una bella storia. La storia di un veritiero e tecnologico "Codice da Vinci " legato a una lampadina, scritta da un ricercatore cremonese che sposa la ricerca documentale con la poesia e con uno sconfinato amore per la propria città. L'assunto: a Cremona c'è una lampadina targata Osram nata nel 1900. E sta qui il fatto sensazionale: questa lampadina che non è andata distrutta ed è tutta da rimirare 112 anni dopo, eccola fotografata, funziona anche, ed ha una sua data che la testimonia costruita sei anni prima che nascesse la grande Osram, il gigantesco marchio che tutti noi ancor oggi troviamo dall'elettricista e negli scaffali del supermercato sotto casa.
Bisogna parlarne perché sta per andare alle stampe questo brano di storia cremonese di grande interesse. "FR 900 - Osram: una scoperta luminosa" (ecco il titolo della corposa ricerca, ben 300 pagine) è l'esito di molti anni di lavoro di un cremonese doc, Gabriele Lazzari, ed incrocia poesia, memoria, nostalgia e documenti portando a conclusioni sorprendenti.
Abbiamo intervistato il signor Gabriele Lazzari e con lui compiamo insieme il percorso storico e le ragioni per affermare che si tratta di una vera scoperta.
Da dove ha preso le mosse?
Dalla soffitta di casa dove ho ritrovato documenti sbiaditi e qualche oggetto. Lampadine appunto.
Il tutto mi ha aperto gli occhi su un mondo assai poco conosciuto, una storia locale ricca di fascino che si sposa con l'anelito al nuovo di un mondo romantico sul finire e che scopriva le suggestioni della tecnologia in prorompente sviulppo. Una tecnologia allora ancora molto umana, raggiungibile con le mani, direi, oltre che con il cervello.
Nel 1886 un cremonese, certo Alfredo Sturla, factotum al teatro La Concordia (poi Ponchielli) e Carlo Monti, idraulico, inoltrarono la domanda in Comune per elettrificare la città, e installarono una centralina in via Gadio, nello stesso quello stabile che diventerà molte decine di anni dopo il bocciodromo, ora chiuso.
L'impegno economico era rilevante e si rivelò notevolmente al di sopra delle loro disponibilità. Carlo Monti si ritirò l'anno dopo . Però, Sturla non demorse.
Ed è qui che entrano in scena la Banca Popolare e, sopratutto, un farmacista. Già un farmacista. Il confine tra elettricità, chimica, farmacia, Volta, Galvani..., era assolutamente proprio.
Già….Sturla, chiese aiuto alla Mutua Banca Popolare di Cremona che probabilmente rispose picche. Ma il sindaco della Mutua Banca Popolare, Francesco Cavana, facoltoso farmacista di corso Campi, si propose in prima persona come socio nell'affare.Nell'ottobre 1887, nacque la Sturla & C. Società di Elettricità, dove figurava, oltre al Cavana, una certa ditta Mende, torinese, che vantava installazioni in tutto il regno, anche alla Giudecca. Ma durò poco questa società, costituitasi il 15 febbraio 1888 davanti al notaio Donelli.
Il Cavana, liberandosi dei soci, fondò una società individuale denominata Società Cremonese di Elettricità.
Dal 1888, così, Cavana servì Cremona di luce elettrica. Il prezzo veniva stabilito secondo il numero di candele, non essendovi ancora i contatori. Cavana forniva alla propria clientela anche il materiale di consumo, ovvero le lampadine in carbonio marcate Comune Cremona, che fabbricava per lui la Vetraria Cremonese. La azienda si trovava in via Aporti 33, ed i suoi titolari erano il sindaco di Cremona Pietro Rizzi e la moglie Mina Fanny.
Ma la Vetraria si trovò ben presto in difficoltà, se non erro…
La vendita delle lampadine non rendeva a sufficienze e la Vetraria Cremonese era anche pressata dalla concorrenza straniera. Vendette, pertanto, l'attività a un milanese di nome Carlo de Stefani che dal 1889 portò avanti la fabbrica generica del vetro, lampadine comprese e tutte marcate Comune Cremona. De Stefani, volle investire e rilanciare la attività, insediandosi in un fabbricato di nuova costruzione fuori dalle mura cittadine (i cosiddetti Corpi Santi).
La nuova fabbrica sorse sulla riva del Morbasco ( a destra il quadro di Felice Giuseppe Vertua), in una zona paludosa e puzzolente che i cremonesi chiamavano in modo assai appropriato Marso. Dovendo dare un nome e un indirizzo postale a questa attività, ecco la trovata: per distinguerla dall'inquietante e poco commercialmente appropriato nome del luogo, ebbe l'idea di leggere MARSO al contrario: ed ecco che venne fuori OSRAM! ( Così la fabbrica era comunque era facilmente individuabile).
Ah, questa è bella, ma l'avventura è solo agli inizi, mi pare…
Già. Nacque qui, al MARSO divenuto OSRAM la lampadina che chiamo FR 900, ma che in effetti è marcata OSRAM (indirizzo postale e nome della fabbrica). La lampadina è datata 12 novembre 900, e al posto della dicitura Comune Cremona, porta lo stemma di Cremona che è stato adottato dal 1898, da quando i Corpi Santi furono annessi alla città.
Già, una lampadina tecnologicamente avanzata. Con un risvolto che la legherà all'OSRAM oggi famosa.
Per l'epoca la FR 900 aveva una particolarità unica nel suo genere: il filamento metallico in tungsteno. E qui va detto che si tratta di un valore tutt'altro che minore. L'uso del tungsteno fu lanciato ben sei anni dopo a Berlino da Auer von Welsback.
Sei anni d'anticipo , cosa non da poco…
La storia diventa avventurosa, tra fallimenti ed altro, con una comparsa finale a sorpresa. Cercherò di spiegarmi in breve. Il miglior cliente della Vetraria Cremonese (OSRAM), era ancora la Società Cremonese di Elettricità del Cavana, che commissionava e comprava le lampadine prodotte in esclusiva. Tutto filò relativamente bene fino al 1903. Intanto il Comune di Cremona, non volendo più dipendere dal Cavana per la pubblica illuminazione, aveva acquistato un anno prima a prezzo vantaggioso dalla costruenda centrale del Canale Marzano di Mirabello Ciria, fondata dal senatore Vacchelli, una grossa produzione di energia elettrica.
Il Comune di Cremona doveva usufruire delle linee elettriche installate in città, per distribuire la propria energia. Tuttavia le linee erano di proprietà del Cavana. Ne derivò un contendere che mise in difficoltà il Cavana. Nel 1903 il Comune rilevò la Soc. Cremonese di Elettricità per sole 25.000 lire e dal 1904 distribuì l'energia elettrica in proprio, fondando l'AEM.
Le difficoltà del Cavana coinvolsero la Vetraria Cremonese che prima entrò in crisi, poi andò sull'orlo del fallimento.
Per evitare la chiusura, i soci della vetraria accettarono l'entrata in società del Cavana come socio amministratore. Confidarono che questi riuscisse a raddrizzarne le sorti, ma i continui litigi e disaccordi costrinsero l'esasperato Cavana a mettere l'azienda in liquidazione.
Però trovare compratori fu estremamente difficile, finché un socio milanese, certo Candido Mentasti, ragioniere, dicendo di avere dei compratori si offrì come intermediario.
La cifra stabilita fu 40.000 lire, di cui 10.000 da versare come acconto, il resto entro il giugno 1906.
Le prime 10.000 lire arrivarono puntuali, ma non si ebbe più traccia delle restanti 30.000. Mentasti si era dato alla fuga.
Si seppe che le 30.000 lire erano state pagate al Mentasti da una certa ditta Betti. La reale acquirente però non poté entrare in possesso delle consistenze attive della vetraria che ovviamente attendeva di incassare le trentamila lire di saldo. Non si seppe mai dove Mentasti trovò le 10.000 lire che versò come acconto e che non provenivano dalla ditta Betti.
Però si seppe, che la lampadina OSRAM e il suo brevetto facevano parte del blocco posto in vendita dalla Vetraria Cremonese. Il brevetto comparve a Berlino il 17 aprile 1906, si chiamava OSRAM, la lampada al tungsteno era uguale a quella di Cremona, il titolare del brevetto berlinese era Auer von Welsbach, sperimentatore dei primi filamenti metallici.
In tutta questa storia così tipicamente cremonese, anche per la difficoltosa imprenditorialità che risolva i momenti critici, ma anche per la genialità delle intuizioni, non si può mancare di fissaare l'eccento sull'aspetto tecnico che sembra congiungere i due marchi. Chi ebbe l'intuizione di trasformare la lampada al carbonio in lampada al tungsteno che è la caratteristica peculiare e parebbe innovativa, anticipatrice, della OSRAM… "grigiorossa"?
Gabriele Lazzari ci rimanda a una bella pagina del suo libro: "I protagonisti sono un certo FR vetraio, che sconosciuto è, e rimarrà con buona pace di tutti, su commissione di un altrettanto certo Francesco Cavana farmacista, e dell’opera di Fortunato Arvedi industriale ( il capostipite della famiglia Arvedi… dal quale discende Giovanni Arvedi) tutti cremonesi che nell’anno 1900 che, insieme ebbero modo di ideare, costruire, produrre, utilizzare colei che orgogliosamente presento, definendola in assoluto, senza incertezze e senza imprecisioni altrui, come la prima moderna lampadina a filamento metallico. Fecero da battistrada, sfondarono un muro dalla parvenza insuperabile, varcarono un confine che sembrava proibito, permisero così agli altri - menzionati o non -di accodarsi negli anni successivi prendendo il volo nella dirittura di una rotta tecnologica che loro avevano tracciato.
Piantarono i primi chiodi nella parete impervia creata da difficoltà di sesto grado, aprirono la via, permettendo, favorendo le cordate successive. Illuminarono con lo stemma cremonese il simbolo stesso della luce artificiale: OSRAM. Diedero il la a una diversa concezione di costruire e sviluppare una lampadina. Quella stessa lampadina che accesa diventò da allora il simbolo preferito usato dai fumettisti per rappresentare una brillante idea, la loro idea. Si spense a Cremona il ricordo di questa impresa con lo spegnersi delle loro esistenze, nella labile memoria degli uomini,… giusto per non smentire il famoso quanto appropriato detto : nessuno è profeta in patria".
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